La vite, la terra, la relazione con la natura
Cristian, 34 anni viticoltore dei colli di Breganze in provincia di Vicenza. Attento e consapevole ai valori intrinsechi legati al lavoro della terra, ispirato dal Genius Loci, dopo aver avviato la sua attività viticola ora persegue un altro grande progetto.
Cristian, come ti sei avvicinato a questo lavoro?
Sono cresciuto tra le vigne dell’azienda di mio nonno, dove i miei genitori lavoravano nel tempo libero e immancabilmente mi portavano con loro. Ho scelto di studiare all’istituto professionale di agraria perché, forse influenzato dal mio vissuto, avevo il sogno di poter aprire un giorno la mia attività di coltivazione della vite.
Dopo la scuola ho svolto vari lavori legati all’agricoltura e al sociale; mi dedicavo molto anche all’attivismo politico per questo mi sono iscritto e laureato alla facoltà di Sociologia. Mi interessava capire come i comportamenti sociali avessero un impatto a livello politico e viceversa.
Purtroppo conclusi gli studi e dopo aver inviato moltissimi curricula non sono riuscito a trovare un’occupazione inerente il mio titolo di studi; ero arrivato al punto di voler andarmene dall’Italia, quando mi riappare quel sogno adolescenziale dell’attività legata alla terra. Ecco che spulciando qua e là, mi accorgo che esistevano dei contributi dedicati ai giovani per l’avviamento all’attività agricola così, grazie ai terreni di proprietà dei miei genitori, nel 2012 ha preso forma la mia azienda viticola.
Come hai imparato a coltivare la vite?
L’esperienza in vigna di quando ero bambino e l’esperienza maturata successivamente mi ha dato quegli strumenti utili per iniziare. Ma tutto ciò che so l’ho imparato con l’esperienza diretta negli ultimi quattro anni di lavoro. Ho sempre implementato le mie conoscenze con lo studio di pubblicazioni scientifiche in questo ambito. Ogni problema che mi si presentava lo affrontavo dopo essermi documentato, dal processo produttivo alle fasi biologiche e fenologiche della vite, dal sopraggiungere di insetti alle fitopatie funginee, fino alle carenze nutrizionali.
Che tipo di produzione hai?
Al momento mi occupo della coltivazione della vite fino alla raccolta ma mi sto documentando su tutto il processo di produzione e commercializzazione del vino. Attualmente sono socio della Cantina Beato Bartolomeo da Breganze, per cui non posso vinificare ma in un binario parallelo sto portato avanti un progetto di recupero delle varietà autoctone di vino del territorio.
Nel corso della mia ricerca ho scoperto così, che sono tantissime le varietà di vino cadute in disuso, alcune ormai estinte, a favore di tipi di vino che rispondono ad un mercato internazionale piuttosto omologato e legato solo a determinate caratteristiche. Nel territorio della Doc Breganze ho così individuato 10-12 varietà di cui 5 hanno delle peculiarità enologiche piuttosto interessanti. Alcune di queste erano presenti nei vigneti che ho in gestione, altre le scoperte negli orti e giardini di qualche anziano che vive nella zona. In seguito ai dovuti studi e confronti con enti e centri di ricerca, ho prelevato delle marze e le ho piantate in circa due ettari di vigneto, sperimentando autonomamente delle micro vinificazioni. Il mio obiettivo è quello di poter vinificare queste varietà aprendo così una cantina tutta mia di vini autoctoni.
La tua quotidianità è legata indissolubilmente alla terra; anche l’abitazione che hai scelto sembra esserne la prova.
Si, per una serie di fatalità, o forse no, sembra che sia stata la casa a chiamare me. E’ collegata al mio sogno di adolescente quando, tornando da scuola, la vedevo e la osservavo; ogni qualvolta mi chiedevo di chi fosse e di quanto sarebbe stato bello viverci. Dopo molti anni, prendendo in gestione tre ettari di vigneto da un signore anziano, scopro che proprio lui era il proprietario di quella casa. Oggi io vivo in quella casa e lavoro i vigneti attigui.
Come descrivi il tuo contatto con il luogo in cui vivi?
Ogni anno il mio contatto con la natura diventa sempre più forte; sono entrato in una sorta di simbiosi con essa, tanto che mi accorgo che il mio fisico inizia a cambiare in base alle stagioni.
Io non sono credente, anzi sono piuttosto pragmatico però questa vita mi ha portato ad un cambiamento di prospettiva. In primavera, lo sbocciare delle prime gemme della vite, provoca in me tutta una serie di sentimenti, istinti ed idee che sono ispirate proprio da questo legame.
Ritengo che una relazione così forte sia imprescindibile per chi come me decide di dedicarsi a questa attività. Rispettare l’ambiente e viverci all’interno, relazionarsi costantemente con esso è il valore aggiunto, nel mio caso, in un bicchiere di vino.
Io ho deciso di fare una viticultura sostenibile quindi ho convertito la coltivazione in biologico; sto inoltre attuando anche delle pratiche biodinamiche e in effetti ho notato il benessere sulle vigne che coltivo e su di me, che me ne prendo cura.
Percepire questo legame, per chi vive un luogo, significa saper sentire, captare e conversare con quel luogo di conseguenza saper accogliere quel suggerimento che ci deve portare inevitabilmente al rispetto di ciò che ci circonda.
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